Area della Vulnerabilità
Area della vulnerabilità: Sono in Pericolo
Essere vulnerabile significa essere facilmente attaccabile, vivere quindi in una condizione di allerta persistente.
Cosa succede nella nostra psiche quando il pericolo di perdita è totale? Quando si rischia di perdere la propria vita o quella di una persona cara? Di solito il luogo della vulnerabilità viene intaccato quando siamo di fronte a traumi con la T maiuscola, per esempio:
- calamità naturali
- aggressioni
- incidenti stradali
- stupri
- rapine
- omicidi/suicidi di persone care
- morti improvvise
- incidenti gravi
- etc.
Ecco uno schema semplificato di quello che succede dentro la nostra mente:
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La situazione esplode:
“Mi sveglio di soprassalto, sento una presenza in casa. Sono nel letto, da solo. Sono entrati i ladri”. Immediatamente il corpo si attiva per rispondere al pericolo, la mente cerca una soluzione. Nel caso dell’esempio sopra citato, la mente dice :”sono entrati i ladri!”; nel corpo il cuore batterà più forte per permettere al sangue di raggiungere velocemente gli arti, alcune funzioni, come quella digestiva, si bloccano. Le reazioni più comuni sono la fuga o l’immobilità, ma non sono dettate dalla nostra volontà, sono reazioni istintive e automatiche.
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Shock:
questa fase solitamente dura due o tre giorni, ma in alcuni casi può durare molto di più. È caratterizzata da confusione, perdita di concentrazione e disorganizzazione mentale. In questa fase è possibile sentire una sorta di ovattamento, la percezione che stiamo vivendo in un sogno e niente ancora sia reale.
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Impatto emotivo:
a questo punto, superato lo shock, la persona prende consapevolezza di quello che effettivamente è accaduto e che la vita, in un qualche modo, è cambiata e non sarà più come prima. La consapevolezza, continuando con l’esempio di prima, ci porta a dire :”ogni volta che entro nel letto ho difficoltà ad addormentarmi e appena sento l’accenno di un minimo rumore mi agito”. Reazioni emotive più comuni sono: depressione, isolamento, incubi, insonnia, rabbia, ansia, colpa, flashback, aumento della sensazione di pericolo, abuso di alcool o droghe.
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Coping:
in questa fase la nostra mente si attiva per cercare una strategia per fronteggiare il problema e trovare un equilibrio. È la fase in cui si pongono domande su ciò che è successo e sul futuro. Le domande sul passato saranno molto limitanti perché non hanno una soluzione (es: cosa sarebbe successo se…?, perché proprio a me?, etc…), aumentano solo l’ansia e bloccano il processo di elaborazione. È utile invece concentrarsi sulle domande future (es: cosa posso fare adesso?).
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Accettazione e risoluzione:
non potendo modificare ciò che è successo, quello che si può fare è accettare l’accaduto ed elaborare l’evento. Questa fase è soggettiva, non c’è una ricetta specifica per tutti. Ognuno troverà le proprie risorse da mettere in pratica. (es: “sono vulnerabile ma non sono impotente“, “è passato“, etc..).
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Imparare a conviverci:
i momenti più critici saranno quelli che ci ricorderanno dell’accaduto, come gli anniversari, una notizia al telegiornale simile al vissuto, le festività, etc.. A volte queste situazioni, soprattutto se l’evento traumatico non è stato ben elaborato, possono far rivivere l’accaduto. Imparare a conviverci significa riuscire ad affrontare queste situazioni senza essere invasi da un’ondata di angoscia.
Dott.ssa Pamela Busonero
Psicologa Psicoterapeuta, riceve a Firenze in Piazza Indipendenza 21
Grazie. Finalmente ho capito cosa significa “elaborare” e “imparare a conviverci”