Pamela Busonero, Psicologa e Psicoterapeuta

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Disturbo Post Traumatico da Stress

da | Mar 23, 2020 | Aree di Intervento, Le varie forme dell'ansia | 0 commenti

Cos’è il Disturbo Post-Traumatico da Stress

“Nulla sarà mai più come prima”;

“Non ce la faccio più, è passato ormai del tempo, ma sento l’impossibilità ad uscirne”;

“Vorrei non pensarci ma, al primo rumore forte, il cuore mi batte all’impazzata”.

Si parla di Disturbo Post Traumatico da Stress quando perdurano per più di un mese reazioni emotive, fisiche e psicologiche disturbanti dopo l’esposizione ad un evento traumatico. Nonostante sia passato molto tempo il ricordo è ancora vivo, come se tutto fosse successo ieri. La persona tenta di scacciare i ricordi ma questi affiorano continuamente con la stessa intensità emotiva di allora.

Soffrire è naturale, tutti abbiamo momenti di intensa felicità come di lancinante tristezza. Il problema è quando la ferita dell’anima non si rimargina ed il cuore non riesce a smettere di sanguinare.

Nella maggior parte dei casi, quando un individuo è esposto ad un trauma, è capace di rielaborare e quindi a digerire tutte le percezioni e le emozioni disfunzionali. A questo punto la persona sarà in grado di dell’evento senza che questo crei dolore. L’informazione è in questo modo elaborata in modo adeguato.

Una elaborazione del trauma solitamente passa attraverso sei fasi.

Fasi dell’elaborazione del trauma

  1. La Situazione esplode. È il momento preciso in cui siamo esposti al trauma. Il nostro sistema nervoso autonomo ed il nostro corpo si attivano per rispondere al pericolo. Sono reazioni di sopravvivenza innate e quindi non controllabili. Solitamente il corpo reagisce all’impatto con tre reazioni: attacco, fuga o freezing. Ad esempio, se, camminando per strada, trovo di fronte a me un uomo col passamontagna che cerca di derubarmi, il mio corpo potrebbe scappare, attaccare, o bloccarsi (solitamente quando il pericolo è troppo grande tendiamo a paralizzarci perché il nostro sistema nervoso sa, prima di noi, che non c’è niente di meglio da fare in quel momento).
  2.  Shock. Questa fase di solito dura dalle 24 alle 72 ore dall’evento, ma potrebbe perdurare nei casi più gravi. È la fase dove ancora la persona non si rende conto di quello che è successo. Le emozioni più comuni sono: tristezza, rabbia, paura, senso di colpa per essere sopravvissuti (sindrome del sopravvissuto, nei casi in cui l’evento traumatico ha coinvolto altre persone che, purtroppo, non sono sopravvissute). I sintomi fisici si manifestano con tremori, nausea, freddo, pianto. Ci sarà disorganizzazione mentale e perdita di concentrazione.
  3.  Impatto emotivo. La terza fase è caratterizzata dalla presa di consapevolezza di ciò che è successo. In questa fase ci saranno incubi, flashback, pensieri intrusivi, isolamento, colpa, depressione, rabbia, ansia, attacchi di panico, sensazione di essere in pericolo.
  4.  Coping. Dopo aver preso consapevolezza dell’accaduto, arriva il momento in cui la persona cerca di ritrovare un suo equilibrio. La mente si attiva per capire effettivamente cosa è successo, per darne un significato ed elaborare l’evento, sia a livello emotivo che cognitivo. A questo punto è opportuno smettere di chiedersi “perché proprio a me?”, “cosa sarebbe successo se….?”, etc.. e dare spazio a domande più efficaci: “cosa posso fare per..?”
  5.  Accettazione e risoluzione. Ogni persona arriverà in questa fase con i suoi tempi. Ma ad un certo punto è necessario accettare ciò che è successo, per andare avanti. In questa fase dove ormai l’evento è stato rielaborato, si capirà profondamente che tutto ciò fa parte del passato. Che siamo vulnerabili, ma non impotenti. Che non abbiamo il controllo di tutto, ma possiamo controllare le nostre reazioni. Che probabilmente ciò che abbiamo fatto era l’unica maniera possibile, in quel momento, per fronteggiare la situazione.
  6.  Imparare a conviverci. Nonostante l’accettazione, ci saranno ancora dei momenti in cui la tristezza del ricordo si affaccerà: anniversari, notizie di cronaca simili, un vissuto simile di un caro amico, le feste, etc. Queste situazioni sono possibili trigger, ovvero stimoli che fanno attivare sensazioni simili al malessere provato. Imparare a conviverci significa imparare ad accettare il dolore senza fare in modo che questo prenda il sopravvento.

Cosa succede nei casi in cui non si arriva all’ultima fase?

Non sempre, purtroppo, il nostro cervello reagisce così. Ci sono casi in cui la persona si blocca in una di queste fasi. Non importa quanto tempo è passato, le sensazioni, le emozioni ed il modo di reagire sarà bloccato in quella fase.

A volte il trauma attiva il sistema neurovegetativo: il corpo si difende come può e prepara la persona al pericolo imminente, mantenendola in uno stato di costante arousal anche quando il pericolo è passato. È il caso delle persone che vivono in una costante sensazione di allerta (per approfondire leggi: ansia, sentire il pericolo quando non c’è).

Sintomi del Disturbo Post-Traumatico da Stress

  • Sintomi intrusivi. Ricordi spiacevoli, ricorrenti e involontari dell’evento, che comprendono immagini, pensieri, sensazioni o percezioni (nei bambini può presentarsi con giochi ripetuti in cui vengono espressi temi riguardanti il trauma);
  • Flashback. Il soggetto sente o agisce come se l’evento traumatico si stesse ripresentando;
  • Incubi. Sogni spiacevoli in cui il contenuto e le emozioni sono collegate all’evento traumatico;
  • Continua sensazione di pericolo. Ipervigilanza e forti risposte di allarme;
  • Evitamento persistente degli stimoli associati all’evento traumatico, sforzi per evitare pensieri associati con il trauma, sforzi per evitare attività, luoghi o persone che evocano ricordi del trauma;
  • Amnesia. Incapacità di ricordare qualche aspetto importante del trauma;
  • Affettività ridotta;
  • Sentimenti di distacco verso gli altri;
  • Sintomi persistenti di aumento arousal. Difficoltà ad addormentarsi o a mantenere il sonno,
  • irritabilità o scoppi di collera, difficoltà a concentrarsi, ipervigilanza.
  • Persistenti convinzioni negative relative a se stessi (io sono cattivo, io sono impotente, io non ho il controllo, il mondo è pericoloso, etc..)

EMDR: una terapia per superare il Disturbo Post-Traumatico da Stress

L’EMDR (Eyes Movement Desensitization and Reprocessing) è riconosciuto dalla comunità scientifica come uno dei trattamenti più efficaci nella risoluzione del Disturbo Post-Traumatico da Stress.

Durante la terapia il paziente verrà portato dal terapeuta a focalizzarsi sul momento più stressante dell’evento traumatico, sulla immagine peggiore, sulle cognizioni negative e sulle sensazioni corporee.

A questo punto, grazie alla stimolazione dei due emisferi cerebrali attraverso i movimenti oculari, si arriverà alla risoluzione del trauma.

Succederà che il ricordo sarà sempre accessibile, ma perderà tutta quella valenza emotiva negativa.

L’EMDR lavora sul ricordo in modo da rielaborarlo e riorganizzarlo nella memoria. Usando i movimenti oculari è in grado di far ripartire la capacità di rielaborazione.

Esso è supportato da molta ricerca scientifica ed è riconosciuto come trattamento d’elezione per il Disturbo Post-Traumatico da Stress.

Durata della terapia per il Disturbo Post-Traumatico da Stress

Non è possibile definire la durata del trattamento, poiché varia da persona a persona in base a moltissimi fattori, tra i quali: resistenze del paziente, precocità dell’intervento, tipi di traumi, complessità psicopatologica. La terapia può durare da poche sedute a 12/16 mesi. Più complesso è il quadro clinico, maggiore sarà il tempo per completare le fasi del trattamento.

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Dott.ssa Pamela Busonero

Psicologa Psicoterapeuta, riceve a Firenze in Piazza Indipendenza 21

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