Pamela Busonero, Psicologa e Psicoterapeuta

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Essere l’amante di un manipolatore: essere invisibili a sé stesse

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Essere l’amante

Nel 2010 avevo iniziato da pochi anni la mia carriera da libera professionista.

Tra le tante storie che ho ascoltato, ce n’è una che ancora oggi ricordo nitidamente. Fu uno di quei casi che, pur essendo complesso, mi insegnò tanto e mi aiutò a crescere come psicologa e come persona.

Arrivò nel mio studio una paziente con una diagnosi di depressione.

Era una donna distinta di 40 anni, ma il suo volto portava i segni di una profonda tristezza. Essendo alle prime armi, mi fidai della diagnosi che le era stata fatta e iniziammo a lavorare sul sintomo: cercare di alleviare la sua depressione, restituendole una qualità di vita migliore.

Nonostante l’impegno reciproco, i risultati tardavano ad arrivare.

Col passare del tempo, iniziarono a emergere frammenti della sua vita che non erano mai stati condivisi. Dopo mesi di lavoro, mi confidò che da circa dieci anni era l’amante di un uomo sposato.

Fu allora che tutto iniziò a prendere un senso.

La relazione con il manipolatore

Quest’uomo non si limitava a tradire la moglie: esercitava un controllo emotivo su di lei che, col tempo, aveva devastato la sua autostima.

Quando lui andava in vacanza con la famiglia, le mandava delle foto con messaggi come: “Ecco un po’ di felicità”. Durante le feste, altre immagini di momenti familiari felici accompagnate da parole come: “Ti do quello che a te manca”.

Era un circolo vizioso di promesse e umiliazioni, dove lei sperava che un giorno sarebbe diventata la sua scelta, ma lui si assicurava di mantenerla al suo posto: invisibile, nascosta, seconda.

Non avendo ancora un percorso strutturato come oggi, iniziammo comunque a esplorare insieme queste dinamiche.

Lavorammo sui suoi vissuti, sulle emozioni e sulle ferite che questa relazione aveva aperto (o riaperto). Fu un cammino lento e difficile, ma alla fine riuscì a staccarsi da lui e a riprendere in mano la sua vita.

Da allora, ho incontrato molte donne che si trovavano nella stessa situazione.

Essere l’amante non è mai semplice, soprattutto quando si è intrappolate in una relazione con un manipolatore.

È un ruolo che lascia segni profondi, e spesso ci si chiede: Come sono arrivata qui?

Cos’è essere l’amante?

Essere l’amante non è mai solo un’etichetta. È un ruolo che si assume, spesso inconsapevolmente, in un gioco relazionale complesso. Non ci si sveglia una mattina scegliendo di essere “la seconda”; piuttosto, ci si trova intrappolate in una dinamica che sembra non avere via d’uscita.

Le caratteristiche di una relazione da amante

L’illusione della scelta:

Spesso chi si trova in questa posizione è convinto di aver scelto consapevolmente, pensando di avere il controllo della situazione. Tuttavia, col tempo emerge una realtà diversa: quella di aver accettato compromessi che, in circostanze normali, non sarebbero mai stati tollerati. L’illusione di essere single e libere di scegliere si trasforma in una gabbia emotiva.

Aspettative irrealistiche:

La relazione si fonda su una promessa non detta o ripetuta a bassa voce: “Un giorno, lui lascerà la sua famiglia per me”. Questa speranza diventa il motore e il collante della relazione, ma raramente si traduce in realtà. Nel frattempo, il tempo passa, e con esso si accumulano frustrazioni, dubbi e ferite.

L’invisibilità:

Essere un’amante significa, per definizione, accettare di vivere nell’ombra. Non c’è spazio per la visibilità: nessun incontro con amici, nessuna presentazione ufficiale, nessuna foto insieme sui social. È una relazione vissuta in segreto, dove il riconoscimento pubblico è un lusso impossibile.

La manipolazione emotiva:


Chi mantiene una doppia relazione è spesso un manipolatore. Utilizza promesse vaghe, mezze verità e sensi di colpa per mantenere l’amante legata. Frasi come “Non posso vivere senza di te, ma non posso lasciare i miei figli”, “Tu sei la mia vera felicità”, “Quando sono con mia moglie è tutto molto triste” o “non facciamo sesso da una vita” sono strumenti di controllo che alimentano il ciclo della dipendenza emotiva.

Il peso della solitudine:


Le feste, i weekend, i momenti più significativi dell’anno diventano momenti di vuoto. Mentre lui è con la sua famiglia, l’amante vive la sua solitudine, alimentata dall’attesa di un messaggio, una telefonata rubata o una promessa che si ripete ogni anno. È un vuoto che diventa parte integrante della relazione stessa.

La svalutazione del proprio valore personale:


Col passare del tempo, l’essere sempre “la seconda scelta” inizia a intaccare l’autostima. Ci si domanda continuamente cosa ci manchi, perché non siamo abbastanza per meritare un impegno pieno. Questi dubbi alimentano un senso di inadeguatezza profonda.

La paura del confronto:


Essere un’amante significa vivere costantemente in un confronto implicito con la partner ufficiale. Anche se il manipolatore può rassicurare sul fatto che “lei non lo capisce come te”, il dubbio persiste: “Cosa ha lei che io non ho?” Questo confronto, reale o immaginario, diventa una ferita invisibile ma costante.

La dipendenza emotiva:


Nel tempo, la relazione si trasforma in una vera e propria dipendenza. Nonostante il dolore e la frustrazione, si continua a restare legate, sperando in un cambiamento o in una svolta che difficilmente arriverà. Si vive in funzione di quella relazione, dimenticando i propri bisogni e desideri.

La rinuncia a sé stessi:


Essere un’amante significa spesso sacrificare parti importanti di sé. Le proprie aspirazioni, i propri sogni e persino i propri valori vengono messi da parte per adattarsi a una relazione che, per sua natura, è incompleta.

L’angoscia del tempo che passa:


Col tempo, si inizia a percepire l’inevitabile: gli anni passano, le promesse restano parole vuote, e la vita sembra bloccata in una situazione di stallo. Questa consapevolezza può portare a una crisi profonda, che però è anche il primo passo verso il cambiamento.

Dove hai imparato ad essere la seconda?

Una domanda che pongo spesso alle donne che arrivano da me con questo problema è: Dove hai imparato a essere la seconda?

Perché la verità è che nessuno si ritrova in questa situazione per caso. Ogni scelta, anche quella di accettare un ruolo marginale in una relazione, è radicata in schemi e credenze che hanno origine nella nostra storia personale e nelle esperienze vissute.

Ecco alcune delle risposte più comuni che emergono:

  1. In famiglia: “Mia sorella era sempre quella perfetta, io ero quella che non bastava mai.”
    Questa dinamica è spesso legata alla competizione fraterna. Crescere sentendosi in secondo piano rispetto a un fratello o una sorella può instillare una profonda convinzione di non essere abbastanza. Il bisogno di cercare attenzione e approvazione può trasformarsi, in età adulta, nell’accettazione di relazioni squilibrate, in cui l’amore sembra sempre fuori portata.
  2. Dall’assenza emotiva dei genitori: “Mio padre non mi ha mai vista davvero, ero invisibile ai suoi occhi.”
    Quando un genitore è emotivamente distante, il bambino cresce con la sensazione di essere trasparente. Questa ferita si trascina nell’età adulta, portando a cercare relazioni in cui si ripete lo schema di “non essere abbastanza importante”. Essere l’amante diventa quasi una scelta inconscia che conferma questa antica ferita.
  3. Cognizioni negative di sé stesse: “Ho sempre pensato che nessuno mi avrebbe mai scelta davvero.”
    Questa credenza nasce spesso da esperienze di rifiuto, bullismo o svalutazione. Quando si interiorizza l’idea di non valere abbastanza, ci si accontenta di ciò che viene offerto, anche se è una relazione a metà.
  4. La normalizzazione del sacrificio: “Ho visto mia madre sacrificare tutto per mio padre, senza ricevere nulla in cambio.”
    Molte donne crescono in famiglie in cui il sacrificio e la sottomissione femminile sono visti come normali. Questo modello viene interiorizzato e riprodotto nelle relazioni, portando ad accettare situazioni in cui i propri bisogni vengono messi costantemente in secondo piano.
  5. Il bisogno di approvazione: “Mi sono sempre sentita amata solo quando facevo qualcosa per gli altri.”
    Questo schema si sviluppa quando l’amore e l’approvazione durante l’infanzia erano condizionati dal comportamento. Se da bambina hai imparato che per essere vista e accettata dovevi sempre dare qualcosa in cambio, è probabile che tu riproduca questo schema nelle relazioni adulte, accettando ruoli di minor valore pur di sentirti desiderata.
  6. Esperienze di rifiuto: “La persona che amavo mi ha sempre fatto sentire sbagliata, ma io continuavo a sperare.”
    Una ferita d’amore non elaborata, magari vissuta in adolescenza o in un momento di vulnerabilità, può lasciare un segno profondo. Questo porta a scegliere inconsciamente partner che replicano quel dolore, come se fosse un tentativo di risolvere la ferita originaria.
  7. Il senso di colpa come motore della vita: “Mi sento sempre in difetto, come se avessi qualcosa da riparare.”
    Alcune donne crescono con un senso di colpa radicato, magari alimentato da dinamiche familiari complesse o da eventi traumatici. Questo le porta a cercare relazioni che confermano quel senso di inadeguatezza, come se il loro ruolo fosse sempre quello di “guarire” o “aggiustare” qualcosa che non va.

Perché è importante questa domanda?

Chiedersi dove abbiamo imparato a essere la seconda non è un esercizio di colpevolizzazione, ma un atto di consapevolezza. È il primo passo per spezzare schemi di comportamento radicati e per iniziare a reclamare il proprio valore.

Solo capendo l’origine di queste dinamiche possiamo iniziare a cambiare il nostro approccio alle relazioni e a noi stesse.

Come imparare a essere la prima scelta

Riconoscere di essere intrappolate in una relazione da amante è il primo passo per cambiare.

Ma come si fa a smettere di essere “la seconda” e a imparare a essere la prima scelta, prima di tutto per sé stesse?

  1. Riconoscere il proprio valore: Iniziamo a lavorare sulla tua autostima. Non sei definita dal modo in cui qualcuno ti tratta. Sei degna di essere amata e rispettata per ciò che sei.
  2. Analizzare le radici: Attraverso un percorso terapeutico, esploreremo le esperienze del passato che ti hanno portato a scegliere relazioni disfunzionali.
  3. Imparare a dire di no: Il manipolatore spesso si nutre della tua disponibilità. Dire di no significa riprendere il controllo della tua vita.
  4. Creare confini sani: Non accettare meno di ciò che meriti. I confini sono fondamentali per proteggerti.
  5. Costruire una nuova visione di te stessa: Lavoreremo per aiutarti a vedere te stessa come una persona completa, non come un’ombra o una “seconda scelta”.
  6. Circondarti di relazioni sane: Quando inizi a costruire relazioni basate sul rispetto reciproco, scoprirai cosa significa essere amata davvero.

Essere l’amante di un manipolatore può sembrare una prigione senza via d’uscita. Ma non è così. Con il giusto supporto, è possibile liberarsi da queste catene emotive e riscoprire il proprio valore.

Se ti riconosci in questa situazione, sappi che non sei sola. Il mio obiettivo è aiutarti a rompere questo schema e a costruire una vita in cui sei, finalmente, la prima scelta.

Se vuoi iniziare questo percorso, prenota la tua videocall gratuita di 15 minuti.

Insieme possiamo trasformare questa esperienza dolorosa in un’opportunità di crescita e rinascita.

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Dott.ssa Pamela Busonero

Psicologa Psicoterapeuta, riceve a Firenze in Piazza Indipendenza 21

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