Pamela Busonero, Psicologa e Psicoterapeuta

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Il senso di colpa dopo la rottura: perché mi manca chi mi ha fatto del male?

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Il tema del senso di colpa dopo la rottura è uno dei più delicati e dolorosi che emergono spesso nel mio lavoro con le persone che hanno vissuto relazioni tossiche.

Molti dei miei pazienti raccontano di come, anche dopo aver chiuso una relazione disfunzionale, sentano ancora il peso del senso di colpa e la nostalgia per chi li ha feriti. Questo è uno dei nodi più difficili da sciogliere, perché chi manipola è abile nel seminare dubbi e colpe, lasciando strascichi profondi.

Esempi comuni sono frasi come “Non riuscirò mai a trovare qualcuno come lui” o “Forse sono stata io a sbagliare di più“.

Questo articolo nasce dal desiderio di fare chiarezza su queste dinamiche e offrire strumenti per riconoscerle e superarle.

Come il manipolatore sfrutta il senso di colpa

Il manipolatore è esperto nell’individuare i nostri punti deboli, soprattutto quelli legati al senso di colpa. Utilizza frasi e atteggiamenti che ci fanno sentire responsabili del suo malessere o della rottura della relazione.

Frasi come “Dopo tutto quello che ho fatto per te“, “Se mi lasci, dimostri che non hai mai tenuto a me“, oppure “Se mi amassi davvero, non mi faresti soffrire” sono esempi di come il manipolatore instilla senso di colpa.

Questo gioco sottile ma potente ha lo scopo di farci mettere in discussione le nostre decisioni e il nostro diritto di allontanarci.

Il manipolatore può anche oscillare tra momenti di affetto e momenti di freddezza o rabbia, creando confusione emotiva. Questo meccanismo, noto come “rinforzo intermittente“, ci porta a sentirci ancora più legati e colpevoli, nella speranza di recuperare quei momenti positivi.

Inoltre, il manipolatore può sfruttare momenti di vulnerabilità, rievocando episodi del passato per rafforzare il senso di colpa, facendo leva su paure profonde come quella di essere abbandonati o non amati.

Come il senso di colpa ci tiene agganciati in una relazione tossica

Il senso di colpa dopo la rottura è potente perché ci fa credere di dover “riparare” la relazione, di dover dare ancora una possibilità.

Ci sentiamo cattivi, insensibili, egoisti se scegliamo di proteggerci.

Questo sentimento ci aggancia, ci blocca, ci impedisce di vedere chiaramente la realtà. Spesso, anche dopo la rottura, il senso di colpa continua a lavorare nel profondo, facendoci sentire sbagliati per aver “abbandonato” l’altro.

Ma la verità è che non siamo responsabili della felicità o dell’infelicità di nessuno, specialmente di chi ci ha fatto del male.

Questo è il passaggio chiave nella terapia: la svolta avviene quando comprendiamo che il nostro valore non dipende da quanto siamo disposti a sacrificare per gli altri. Capire che la colpa che sentiamo non è un segno di empatia o amore, ma il risultato di una manipolazione, è il momento in cui inizia la liberazione.

È proprio quando smettiamo di giustificare l’ingiustificabile che iniziamo a guarire.

Quando il senso di colpa viene da lontano

Il senso di colpa non nasce solo nella relazione tossica, ma affonda spesso le radici nella nostra storia personale.

Alcuni di noi crescono in un contesto in cui ci viene insegnato che dobbiamo “essere bravi”, “non deludere”, “non far soffrire gli altri”. Questo insegnamento, se portato all’estremo, può trasformarsi in una prigione emotiva.

Impariamo presto a percepire il dolore altrui come una nostra responsabilità, sviluppando un’iper-sensibilità verso le emozioni degli altri.

Questo crea un terreno fertile per il manipolatore, che sa esattamente come far leva su queste insicurezze.

Se anche un genitore è stato un manipolatore

Quando il manipolatore è stato un genitore, il senso di colpa può diventare ancora più radicato e complesso. Fin dall’infanzia, potremmo essere stati esposti a messaggi come “Se mi vuoi bene, devi fare quello che ti dico” o “Mi fai soffrire quando non rispondi alle mie aspettative“. Questo tipo di manipolazione può instillare un senso profondo di inadeguatezza e di colpa per non essere stati “figli abbastanza bravi”.

Queste esperienze segnano il nostro modo di relazionarci, portandoci spesso a ripetere schemi simili nelle relazioni adulte. Sentire di dover sempre “meritare” l’affetto, o di essere responsabili della felicità degli altri, può renderci vulnerabili a nuove forme di manipolazione.

Il primo passo per liberarsi da queste catene è riconoscere che l’amore autentico non richiede sacrifici unilaterali né il costante annullamento di sé.

Le ripercussioni del senso di colpa sul cervello e sulla vita quotidiana

Il senso di colpa dopo la rottura, se prolungato, può avere un impatto significativo sul nostro cervello e sul nostro benessere quotidiano.

Le neuroscienze mostrano che emozioni come la colpa attivano l’amigdala, la parte del cervello responsabile della risposta alla paura.

Questo significa che vivere costantemente nel senso di colpa mantiene il cervello in uno stato di allerta, generando ansia, insonnia e difficoltà di concentrazione.

Inoltre, il senso di colpa influisce negativamente sull’autostima, portandoci a dubitare costantemente di noi stessi e delle nostre decisioni.

Questo può tradursi in difficoltà nelle relazioni future, nel timore di esporsi o di affermare i propri bisogni, e in una tendenza a sacrificarsi per evitare ulteriori conflitti.

Come uscire dal circolo del senso di colpa

  1. Riconoscere il Gioco della Manipolazione: Renderti conto di come il manipolatore ha usato il senso di colpa per tenerti legato è il primo passo verso la libertà emotiva.
  2. Distinguere tra Colpa e Responsabilità: Non tutto ciò che senti come “colpa” è realmente tua responsabilità. Impara a distinguere tra ciò che ti appartiene e ciò che ti è stato imposto.
  3. Dare Voce alle Tue Emozioni: Accetta di provare tristezza, rabbia, delusione. Non devi giustificare o minimizzare ciò che hai vissuto. Ogni emozione ha diritto di esistere.
  4. Riscrivere la Tua Storia: Inizia a raccontare a te stesso una nuova versione della tua storia, in cui non sei la vittima colpevole, ma una persona che ha scelto di proteggersi.
  5. Cerca Supporto: Parla con chi può comprenderti davvero, con chi non minimizza il tuo dolore. A volte, un confronto esterno aiuta a vedere le cose più chiaramente.

Il mio metodo di lavoro

Dopo aver esplorato le profonde ripercussioni psicologiche di una relazione tossica, è fondamentale comprendere come avviare un percorso di ricostruzione personale.

Le ferite lasciate da un legame manipolativo, soprattutto se radicate sin dall’infanzia, possono incidere profondamente sulla percezione di sé, sulle relazioni e sulla qualità della vita quotidiana.

  • Comprendere il Legame Residuo

Il primo passo consiste nel riconoscere cosa ci lega ancora alla relazione. Spesso, chi ha subito manipolazioni sviluppa un attaccamento basato sui ricordi positivi idealizzati, che offuscano le esperienze di abuso.

Comprendere a fondo questo meccanismo permette di fare chiarezza e di distinguere tra ciò che era reale e ciò che era frutto della manipolazione emotiva.

  • Rielaborare i Traumi Subiti

Il cervello, esposto a costanti dinamiche tossiche, può subire alterazioni nella percezione di sé e nella capacità di fidarsi degli altri. Tecniche terapeutiche come l’EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing) possono facilitare la rielaborazione dei traumi, permettendo di affrontare il dolore senza esserne sopraffatti e di ricostruire una narrazione più sana di sé stessi e della propria storia.

  • Liberarsi dai Sensi di Colpa Indotti

Quando anche i genitori hanno utilizzato il senso di colpa come strumento di manipolazione, il percorso di guarigione può essere ancora più complesso. In questi casi, è importante distinguere i propri bisogni autentici dai condizionamenti introiettati. Questo significa imparare a riconoscere le emozioni indotte e a sostituirle con una consapevolezza più autentica e libera.

  • Riappropriarsi dei Propri Bisogni

Una parte cruciale del processo di ricostruzione consiste nell’imparare ad ascoltare e a comunicare i propri bisogni in modo assertivo.

Dopo anni di negazione o repressione delle proprie necessità, può essere difficile identificare cosa si desidera davvero. Il mio percorso terapeutico aiuta a dare voce a questi bisogni, rinforzando l’autostima e favorendo relazioni future più equilibrate e rispettose.

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Dott.ssa Pamela Busonero

Psicologa Psicoterapeuta, riceve a Firenze in Piazza Indipendenza 21

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