Perche il passato resta presente?
Cosa succede nel nostro cervello
“Non capiamo mai quanto è buona la nostra memoria fino a quando cerchiamo di dimenticare qualcosa”. (Etienne Bonnot de Condillac). Quando il passato resta presente.
Il nostro cervello possiede una miriade di neuroni che continuano a lavorare ininterrottamente e che vanno a formare delle reti neurali estremamente complesse. Questa eccezionale capacità del nostro cervello è stata scoperta dallo psichiatra Kandel nel 2000, anno in cui vinse il premio Nobel per la Medicina e le Neuroscienze. Prima di allora si pensava che i neuroni potessero formarsi solamente durante la gestazione e che, dopo una certa età, andassero verso una spontanea morte. La rivoluzionaria scoperta fece capire che la possibilità di generare nuovi neuroni ci accompagna per tutta la vita.
Nelle reti neurali costituite dai neuroni si conservano i ricordi delle esperienze che rappresentano la nostra storia. Ogni esperienza porterà nuove connessioni.
Meccanismi che bloccano
Nei primi anni di vita queste connessioni si formano grazie alle relazioni con le persone significative (genitori, insegnanti, coetanei, etc…) più vicine a noi. In questo periodo comincia a formarsi la nostra identità ed i nostri valori e proprio grazie alle esperienze che avremmo vissuto potremmo avere una cognizione di noi positiva o negativa.
Anche il modo in cui ci rapporteremo con le persone sarà frutto di un apprendimento.
Se, per esempio, Mario è stato spesso umiliato da una maestra e a casa i genitori lo sgridavano perché non andava bene a scuola, oppure i bambini lo prendevano in giro, crescerà con l’idea di non valere niente. Se poi un giorno sarà lasciato da una ragazza questa convinzione si rafforzerà. Credendo che l’immagine di sé sia corretta non si darà la possibilità di rimettersi in gioco e di cambiare qualcosa della propria vita.
Recenti ricerche hanno dimostrato che i ricordi vivi dolorosi risiedono nell’emisfero destro del cervello.
La moderna tecnica di neuroimaging ha evidenziato un ridotto spessore dell’ippocampo (parte del cervello deputata alla concettualizzazione dei ricordi) nelle persone che hanno subito gravi traumi.
L’ippocampo più piccolo non fornisce un tempo ed un contesto ai ricordi disturbanti: il passato resta quindi presente. La stessa tecnica di neuroimaging testata su persone traumatizzate prima e dopo alcune sedute di Emdr ha evidenziato un cospicuo aumento dell’ippocampo.
Dott.ssa Pamela Busonero
Psicologa Psicoterapeuta, riceve a Firenze in Piazza Indipendenza 21
Buon giorno.
Ho letto il suo articolo, i ricordi non sono nel’emisfero destro del cervello, ma sono nelle cellule i ricordi, La mente è divisa i tre parti, la mente positiva, la mente megativa, la mente neutra, il cervello è solo una massa, che tira i fili per muovere il corpo, braccia, gambe,ecc.Il bimbo, appena che c’è stato concepito, dopo 48 ore la sua mente incomincia a registrare, tutto quello che fa la mamma, e tutto cio è registrato nella mente, certo che se la mamma si è comportata bene nella gravidanza, il bimbo va meglio, nella vita.
Gentile Ginlena, la ringrazio per il suo contributo.
Qui trova la bibliografia in relazione all’articolo scritto:
Kandel: “In Search of Memory. The emergence of a New Science of Mind” 2007
Bisson J.: “Psychological treatments for a chronic post-traumatic stress disorder. Systematic review and meta-analysis” 2007
Courtois C.:”Treating Complex Traumatic Stress Disorder: an Evidence-Based Giude” 2009
Se le va di inviarmi anche le fonti della sua teoria sarò molto lieta di leggerla.
Un caro saluto,
Dott.ssa Pamela Busonero